Secondo l’ultimo report aggiornato dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), l’Italia ha compiuto un sorpasso storico sul Giappone nell’ambito dell’export manifatturiero, grazie a un significativo miglioramento della qualità e dell’innovazione dei propri prodotti. Il panorama dell’internazionalizzazione è mutato profondamente negli ultimi anni, influenzato da eventi globali come la guerra russo-ucraina, la pandemia e i cambiamenti nelle relazioni internazionali.
Tra le grandi potenze, la Cina continua a consolidare la propria posizione, aumentando la sua quota di mercato estero dal 19,6% al 24,8%. In contrasto, gli Stati Uniti sembrano mantenere una posizione stabile, senza significative variazioni. La Russia, colpita dal suo isolamento economico e politico, ha visto un drastico calo delle esportazioni, passando dal 4,7% al 3% all’interno del G18.
Le economie europee sono tra le più colpite dall’ascesa della Cina. La Germania, in particolare, ha sofferto per la mancanza di energia a basso costo proveniente dalla Russia e si trova ora a competere con Pechino nella corsa globale per l’auto elettrica.
Tuttavia, l’analisi più rilevante, che dovrebbe attirare l’attenzione di Bruxelles, riguarda il modello di successo dell’export italiano. Questo traguardo è in gran parte dovuto agli investimenti in macchinari e impianti, passati dal 5,7% del PIL nel 2014 al 7,3% nel 2023. Grazie a nuovi investimenti e tecnologie, l’Italia sta riducendo le proprie emissioni di CO2 e avanzando nel settore del packaging e del riciclo.
Nonostante questi successi, l’industria manifatturiera italiana rischia di essere penalizzata dalle stringenti politiche ambientali e di transizione ecologica imposte dall’Unione Europea, mettendo potenzialmente in pericolo il suo modello di crescita sostenibile. Bruxelles dovrà riflettere attentamente per trovare un equilibrio tra sostenibilità e competitività, affinché l’Italia possa continuare a brillare sulla scena mondiale dell’export.