GIOVANI E LAVORO: IL 29% VEDE IL FUTURO ALL’ESTERO
UNILAVORO PMI: “INVESTIAMO PER TENERCELI STRETTI”
Che le prospettive per i giovani nel nostro Paese non siano delle migliori ormai è un dato di fatto. Non risulta quindi difficile capire perché molti di loro decidano di emigrare. Secondo l’Istat dal 2008 al 2020 si è trasferito all’estero il 6% degli italiani fra i 25 e i 34 anni e secondo l’ultima indagine della Fondazione Visentini (che risale al 2020) il 29% di loro proietta il proprio futuro all’estero. Le principali cause risiedono nelle difficoltà di trovare un lavoro soddisfacente, soddisfare il benessere economico del proprio nucleo familiare e raggiungere l’indipendenza economica.
“Quando succede questo – commenta Graziano Ceglia, Vicepresidente Nazionale di Unilavoro PMI – l’Italia perde due volte: da una parte spende molte risorse nella formazione dei ragazzi, dall’altra però, non fornendo loro delle concrete opportunità di crescita, li consegna di fatto ad altri paesi che sono disponibili ad offrire loro di più.
Ricordiamo che l’Italia ha sempre investito molto nel settore della formazione, tant’è che le nostre Università sono tra le migliori al mondo: solo per fare un esempio, secondo la classifica del Qs World ranking redatta nel 2022, la Sapienza è prima per studi classici e decima in archeologia. L’altro lato della medaglia però non è così brillante perché una volta formati molti dei nostri ragazzi decidono di fare i bagagli per cercare altrove prospettive migliori. In questo modo, oltre a vanificare l’investimento iniziale, perdiamo l’opportunità di avere delle professionalità di eccellenza”.
I motivi sono da andare a ricercare nella regolamentazione del mercato del lavoro ancora troppo farraginosa che in molti casi non favorisce l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e non garantisce loro le opportunità necessarie a programmarsi un futuro a medio-lungo termine. Tra le cause vi è anche l’alto costo del lavoro, direttamente collegato al continuo e costante innalzamento dell’età pensionabile.
“Purtroppo – riprende Ceglia – la politica ha sempre creduto poco nei giovani, per questo è necessario un patto generazionale in cui finalmente si predispongano delle risorse da destinare all’occupazione giovanile. Le possibilità di intervento non mancano: innanzitutto azzerare le tasse sui contratti di assunzione di un giovane invece che disperdere risorse economiche su bandi spesso di difficile gestione. Aggiungerei poi la possibilità per le aziende di usufruire di sgravi fiscali visto che apprendistato a parte, non c’è molto. Infine credo sarebbe opportuno agevolare i giovani che vogliono fare impresa sollevandoli da ogni tipo di imposizione fiscale almeno per i primi anni di avvio dell’attività, sarebbe un buon modo per accompagnarli in un percorso imprenditoriale all’inizio sempre all’insegna delle difficoltà e incentivarli a costruire il proprio futuro qui, non altrove”.